Società e strumenti di gestione della crisi
Come misura di prevenzione della crisi delle società di capitali che abbiano subito delle perdite del capitale a causa dell’emergenza Covid-19, il D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità) ha disposto la sospensione fino al 31 dicembre 2020 degli obblighi in materia di riduzione del capitale sociale, tanto per le s.p.a. (articoli 2446, secondo e terzo comma e 2447 del codice civile), quanto per le s.r.l. (articoli 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma e 2482-ter del codice civile).
Per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro il 31 dicembre 2020, non opererà, dunque, l’obbligo di riduzione del capitale sociale né in caso di perdite di oltre un terzo del capitale, né in caso di riduzione dello stesso al di sotto del limite legale.
Di conseguenza, nello stesso periodo non opererà la causa di scioglimento della società di capitali per riduzione o perdita del capitale di cui agli articoli 2484, comma 1, n. 4 e 2545-duodecies del codice civile.
Come chiarito al punto precedente, il D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità) ha sospeso fino al 31 dicembre 2020 l’applicazione delle disposizioni civilistiche relative alla riduzione del capitale sociale per perdite. Ciò implica, come previsto espressamente dalla stessa norma (art. 6 D.L. 8 aprile 2020 n. 23), che, per il periodo suddetto, non opererà la causa di scioglimento della società per riduzione del capitale sociale per perdite, prevista dall’articolo 2484, comma 1, n. 4 del codice civile (per le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata) e dall’articolo 2545-duodecies del codice civile (per le società cooperative).
Il D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità) non si esprime sul punto. Tuttavia, è ragionevole ritenere che la ratio della sospensione dell’applicazione delle norme sopra menzionate consista non solo nell’evitare lo scioglimento delle società che abbiano subito delle perdite per effetto dell’emergenza Covid-19, ma anche ad evitare che gli amministratori siano esposti a responsabilità per aver gestito tali società in deroga alle previsioni di cui all’articolo 2486 cod. civ. (norma che impone appunto a questi ultimi, al verificarsi della causa di scioglimento, di gestire la società ai soli fini della conservazione del patrimonio sociale), così come modificato dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza di cui al Decreto Legislativo n. 14/2019, che ha introdotto un criterio di liquidazione dei danni conseguenti all’inosservanza dell’obbligo di gestione “conservativa”.
Rimane ferma la normativa in materia di informativa ai soci. L’art. 6 D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità), infatti, si riferisce espressamente ed esclusivamente (disapplicandolo temporaneamente) all’obbligo di riduzione del capitale sociale per perdite. Rimane quindi in vigore l’obbligo degli amministratori di convocare l’assemblea dei soci e di sottoporre la relazione sulla situazione patrimoniale della società.
Il D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità), quale ulteriore misura di prevenzione della crisi delle società, permette a quelle società che prima dell’emergenza Covid-19 presentavano regolari prospettive di continuità aziendale di continuare ad adottare, in sede di redazione del bilancio di esercizio 2020, il principio di cui articolo 2423-bis, primo comma, n. 1, del codice civile, ossia quello della valutazione delle voci secondo la prospettiva della continuità aziendale.
Affinché ciò sia possibile, è tuttavia necessario che:
- l’ultimo bilancio chiuso prima del 23 febbraio 2020 sia stato redatto secondo il principio della continuità aziendale;
- nella nota informativa del bilancio relativo all’esercizio 2020 venga specificato il ricorso a detto criterio di valutazione, anche mediante richiamo alle risultanze del bilancio precedente.
Si, si applica anche ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020, ma non ancora approvati.
Si. Il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura Italia”) ha disposto la proroga del termine per l’approvazione dei bilanci delle società, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma e 2478-bis del codice civile, o alle diverse disposizioni statutarie.
Secondo la nuova disciplina le assemblee possono essere convocate entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio 2019.
La proroga del termine si applica anche alle società sottoposte a controllo pubblico.
Il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura Italia”) prevede che, anche in deroga alle diverse disposizioni statuarie, le assemblee ordinarie e straordinarie delle società possano svolgersi utilizzando mezzi di telecomunicazione.
Non è necessario che il Presidente il segretario o il notaio si trovino nello stesso luogo. Ma è necessario che il mezzo di telecomunicazione prescelto assicuri l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto.
Per le S.r.l., inoltre, a maggior semplificazione, è stato altresì previsto che l’espressione del voto possa avvenire anche mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto.
Il D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità), al fine di favorire ogni e più ampia forma di finanziamento in favore delle società, ha disapplicato temporaneamente il meccanismo della postergazione della restituzione ai soci dei finanziamenti dagli stessi erogati in favore della società, rispetto agli altri creditori, previsto dagli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile.
La disposizione si applica ai finanziamenti concessi dalla data di entrata in vigore del D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (9 aprile 2020) fino al 31 dicembre 2020.
Il D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità) ha disposto il rinvio al 1 settembre 2021 dell’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza di cui al Decreto Legislativo n. 14/2019 originariamente prevista per il 15 agosto 2020.
Restano ovviamente ferme le disposizioni del Codice della Crisi e dell’Insolvenza già entrate in vigore a partire dal 16 marzo 2019 (previste ad esempio in materia di responsabilità degli amministratori ex artt. 2476 e 2486 c.c.).
L’art. 9 del D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità) ha disposto una proroga di sei mesi di tutti i termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, già omologati dal Tribunale, con scadenza tra il 23 febbraio e il 31 dicembre 2021.
La norma nulla dice in tema di azione di risoluzione per inadempimento ex art. 186 L.F., ma è ragionevole ritenere che, per tale periodo, gli stessi non possano essere oggetto di risoluzione.
Per i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione dei debiti presentati prima del 23 febbraio 2020 e per i quali non sia stata ancora fissata l’udienza per l’omologa, il debitore può presentare istanza per l’assegnazione di un termine di massimo 90 giorni (tale termine non è prorogabile) entro il quale potrà depositare un nuovo piano e una nuova proposta di concordato oppure un nuovo accordo di ristrutturazione.
La norma prevede che in via alternativa, il debitore possa anche semplicemente chiedere una modifica dei termini di adempimento originariamente indicati, depositando, entro l’udienza fissata per l’omologa, una memoria in cui venga indicato il nuovo termine, corredata della documentazione comprovante la necessità della modifica.
Acquisito il parere del Commissario giudiziale (per la procedura di concordato preventivo) il Tribunale, disporrà l’omologa, qualora ne sussistano i presupposti, dando espressamente atto delle nuove scadenze.
Nelle ipotesi di concordato presentato ai sensi del comma 6 dell’articolo 161 L.F. (c.d. “in bianco”) e di accordo di ristrutturazione depositato prima della formalizzazione (articolo 182-bis, comma 6, L.F.), qualora il debitore abbia già ottenuto dal Tribunale una proroga del termine originario per la presentazione del piano e della proposta, o abbia già fatto istanza per l’omologa della proposta di accordo, può presentare, prima della scadenza, istanza per la concessione di una proroga ulteriore (massimo 90 giorni) per la presentazione del piano e della proposta o per il deposito dell’accordo definitivo e della relazione dell’attestatore.
In tal caso l’istanza deve contenere la specifica indicazione degli elementi sopravvenuti, avendo cura di specificare adeguatamente quelli correlati alla diffusione dell’emergenza Covid-19, ai fini della concessione della proroga.
Il Tribunale potrà concedere la proroga, qualora ricorrano concreti e giustificati motivi e purché – per il concordato preventivo – sia stato acquisito il parere del Commissario giudiziale (se già nominato), mentre – per l’accordo di ristrutturazione – continuino a sussistere i presupposti per giungere all’accordo con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti.
La predetta istanza può essere presentata anche nei casi in cui sia già stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento.
Il D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità) mantiene fermi gli obblighi sanciti dall’articolo 161, commi 7 e 8 L.F.
Quindi, possono essere compiuti gli atti di ordinaria amministrazione e gli atti urgenti di straordinaria amministrazione alle medesime condizioni previste in precedenza e debbono essere adempiuti gli obblighi informativi periodici previsti dalla legge.
Il D.L. 8 aprile 2020 n. 23 (c.d. Decreto Liquidità) ha sancito l’improcedibilità, per il periodo decorrente dal 9 marzo 2020 sino al 30 giugno 2020 dei (i) ricorsi per la dichiarazione di fallimento ex art. 15 L.F.; (ii) dei ricorsi per la dichiarazione di insolvenza di imprese già sottoposte a liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell’art. 195 L.F.; (iii) dei ricorsi per dichiarazione di insolvenza ai sensi dell’art. 3 D.Lgs. 270/1999 (c.d. “Prodi bis”), presentati nel periodo suddetto.
Tale disposizione non si applica, per espressa previsione normativa, in caso di richiesta di fallimento del pubblico ministero contenente una domanda di emissione di provvedimenti cautelari e/o conservativi ai sensi dell’art. 15, comma 8 L.F.